giovedì 10 marzo 2016

GLI EGIZI E IL CULTO DEI MORTI


     La Morte, per il popolo nilotico, costituiva un passaggio tra due fasi dell'essere e non era vissuta con l’ossessione dei giorni nostri. Certo, poteva essere traumatica, e sicuramente era rifuggita, ma, allo stesso tempo, accettata con fatalità e pragmatismo. Nel V secolo a.C. lo storico Erodoto scriveva: “Gli Antichi Egizi erano un popolo che praticava il Culto dei Morti, ma amava intensamente la vita”. Contraddittorio, vero? ma non è così.
     Gli Antichi Egizi sostenevano che la vita terrena era un dono che gli Dei facevano agli umani per permettergli di prepararsi alla vita nell'aldilà: l’eternità e l’immortalità.
     Questo popolo fu assillato dall’idea dell' immortalità: infatti costruì opere maestose come la sfinge e le piramidi, innalzò templi e santuari.
      Dio aveva creato gli uomini donandogli una natura complessa e sette entità metafisiche, ognuna con una mansione ben specifica.
     - Djet: il corpo, che aveva il compito di operare durante la vita terrena. Viveva fisicamente le vicessitudini della vita: amare, lavorare, essere la salute o sopportare la malattia,  ecc.
     - Ka: chiamato anche “doppio”. Copia esatta del djet, era fisicamente inconsistente, trasparente ed evanescente; ciò che noi potremmo definire spirito o fantasma.
fig 1
Raffigurata con le braccia volte al cielo, come si vede in figura 1, fra tutte le entità del defunto era quella che aveva il compito di affrontare il viaggio nell’oltretomba per sottoporsi al giudizio di Osiride.
        - Ba: questa entità era posseduta solo dagli uomini, grazie ad essa questi si  differenziavano dagli animali (privi di anima). E' l'essenza che Dio trasfuse all'essere umano quando lo creò, soffiandogli nelle narici. Successivamente lo stesso pensiero fu ripreso dalla cultura ebraica: lo possiamo trovare nella Bibbia nella Creazione dell’uomo.

fig. 2

     Il Ba viene rappresentato come un airone con testa umana (figura 2), forse perché le cime dei monti delle necropoli erano popolate da numerosi stormi di uccelli.
       - Ib: il cuore, sede della coscienza e dell'indole di ogni individuo.
     - Shut: l’ombra, la copia in negativo del djet. Alla morte dell’uomo, lo Shut si staccava dal corpo e girovagava senza sosta nell’attesa del Giudizio di Osiride,  seguendolo nell’oltretomba.
    - Ren: il nome. Questa entità era talmente importante da negare l’esistenza a chi non lo possedeva o non lo possedeva più. Pensiamo, infatti, alla deprecabile abitudine di cancellare da templi e monumenti, il nome di alcuni faraoni scomodi al solo scopo di eliminarne la memoria. Fu questo il caso del famoso Akhenaton, che andò contro la casta sacerdotale per aver istituito una sorta di religione monoteista, adorando il solo dio Aton.
        - Akh: detto anche il glorioso o il luminoso.

fig 3
     Gli antichi egizi praticavano un vero e proprio culto dei morti. Erano infatti convinti che dopo la morte del corpo la sua anima continuasse a vivere nell'aldilà, ecco perché mummificavano i corpi dei faraoni, per conservare a lungo nel tempo il corpo e permettergli la sopravvivenza dopo la morte terrena. A questo scopo le tombe erano riempite di ogni sorta di cibarie, ritratti del defunto, vestiti, gioielli e cosmetici
     Secondo la religione egizia, il defunto si presentava al dio Osiride, il quale sentenzava sull'operato da vivo. Se il parere del dio era positivo, l'anima aveva il privilegio di vivere in una sorta di paradiso rurale, nei campi di papiro, coltivando senza fatica orti di fave, simbolo d'infinita fertilità. E quando l'anima era stanca poteva farsi sostituire dai "rispondenti", tipiche statuine che raffiguravano il defunto e che erano poste con gli altri oggetti nella tomba del faraone. 
     Prima di tutto ciò, il morto doveva superare delle prove, anzitutto doveva oltrepassare i laghi di fuoco e combattere contro numerosi mostri, ma se aveva con se il libro dei morti, riusciva facilmente a sconfiggerli, perché in esso erano riportate preghiere ed esorcismi.

fig 4

     L'ultima prova era la più difficile: il faraone veniva accompagnato da Anubis, il protettore delle necropoli, al cospetto di 42 giudici e di Osiride, i quali pesavano il suo cuore. Se per sua sfortuna risultava più pesante della piuma della dea Maat, dea dell'ordine cosmico, della giustizia e della verità, veniva sbranato da Ammut, una tremenda belva feroce. Al contrario, se il cuore del faraone era leggero come quello della piuma, allora la sua anima poteva proseguire il suo viaggio verso l'aldilà.

fig 5

     Gli Egizi erano dell'idea che anima e corpo erano la stessa cosa. Quindi, quando veniva alla luce un bambino, credevano che nascesse con lui anche il suo Ka, che lo seguiva per tutta la vita fino alla tomba. Una volta lì, faceva compagnia al corpo finchè non finiva tutti i viveri, dopodichè ne usciva per vagare affamato alla ricerca di cibo. 

fig 6
     Durante gli scavi, gli archeologi hanno portato alla luce numerosi oggetti utili alla mummificazione dei corpi. Questi servivano principalmente all'estrazione degli organi interni. Mummificare un corpo era un'arte che conoscevano solo in pochi, i cosiddetti imbalsamatori. Quando veniva portato loro un defunto, la sua famiglia doveva scegliere fra diversi modelli di legno a forma di uomo, dipinti con colori naturali. Ci si accordava sul prezzo dopodichè il lavoro iniziava e durava per mesi. Inizialmente il corpo veniva lavato nella birra, bevanda ritenuta sacra. 

fig 7
     A questo punto venivano estratti tutti gli organi, fatta eccezione del cuore, che, come abbiamo detto prima, doveva essere pesato. Il cervello estratto dal naso, l'addome inciso per prelevare gli altri organi che venivano prima essiccati con il sale, poi lavorati con resine e oli profumati, infine riposti in otri col coperchio raffigurante la testa un dio (figura 8). Questo aveva lo scopo di proteggere gli organi stessi.

fig 8

fig 9
     L'addome veniva pulito con olio di palma, quindi riempito di stracci, mirra, cannella e paglia e ricucito. Il corpo veniva completamente ricoperto con una sostanza salina prelevata dal Wadi el-Natrun (da cui il nome del composto - natron-), un lago quasi perennemente in secca e quindi molto ricco di carbonato di sodio.

fig 10
     Questa fase aveva una durata di 40 giorni, alla quale seguiva una cerimonia durante la quale il corpo, ormai essiccato, veniva lavato nel Nilo. Poi si faceva  asciugare per 20 giorni e ricontrollato: laddove la pelle risultava eccessivamente secca, veniva massaggiata con oli profumati.
fig 11
     A questo punto il corpo lo si avvolgeva in strisce di stoffa, ricavate da un telo di lino. Gli strati di bende adoperati durante questa operazione erano numerosi, almeno una ventina, e fra un giro e l'altro venivano inseriti all'altezza del cuore gioielli, amuleti e collane, allo scopo di proteggere il cuore. Due gioielli non potevano mai mancare: lo scarabeo stercolario (figura 10) che era il simbolo della resurrezione, e l'occhio di Horus (altrimenti detto occhio di Ra), che aveva il significato del potere regale e della buona salute, segno anche di prosperità (figura 11).
     In definitiva, per completare un processo di mummificazione, occorreva impiegare un tempo lungo 80 giorni. Finalmente il corpo poteva essere riposto in una bara a forma di uomo. C'è da precisare, peraltro, che essere mummificati non era un privilegio rivolto a tutti i comuni mortali: tale pratica, infatti, veniva riservata esclusivamente ai faraoni, ai dignitari, ai sacerdoti e alle personalità più importanti.

fig 12

     Gli egizi credevano che solo questi possedessero un'anima e che solo i faraoni, una volta defunti, diventassero delle divinità. In ogni caso, i riti funebri erano davvero sfarzosi, i parenti portavano grandi quantità di cibo e i sacerdoti proclamavano preghiere particolari, allo scopo di sostenere il defunto durante il suo viaggio attraverso l'aldilà.

fig 13
     Per lo stesso motivo le tombe erano rivestite di immagini e testi rituali.  Veniva poi compiuta la cerimonia dell'apertura della bocca, che aveva lo scopo di riattivare i sensi del defunto in modo tale che potesse continuare a vivere nel cosiddetto Duat (l'oltretomba). Una dettagliata descrizione del rituale è giunta a noi dalla piramide di Seti I, nella valle dei Re.
     Uno degli oggetti utili al rituale era il "dito d'oro", per l'appunto in oro o in pietra, dalla forma di due dita affiancate. L'altro era il "nechereti", una piccola ascia che si vede chiaramente nelle mani del sacerdote sulla destra nella figura 14.
     La cerimonia veniva eseguita in una stanza annessa al tempio sacro chiamata "castello d'oro" e completata con delle fumigazioni che precedevano il trasporto nella tomba. Una volta giunti al suo interno, la mummia veniva riposta su un monticello di terra, che simboleggiava la collina primordiale.

fig 14
     Tutti i presenti alla cerimonia avevano l'uso di stordirsi di birra, così come è stato rivelato dalla traduzione del papiro di Prisse conservato presso il museo egizio di Torino e ritrovato nella necropoli di Abido. Infatti, ai banchetti funeri erano presenti grandi quantità di "zythum" (la birra chiara) e di "curmy" (la birra scura).
     Soltanto i sacerdoti durante tutta la cerimonia, mentre cantavano una litania, bevevano la "sà", una birra ad alta concentrazione ad esclusivo uso e consumo del faraone. La birra era una preziosa bevanda usata dai faraoni anche per ingraziarsi gli dei. E' infatti noto che Ramsete III nel corso della sua vita donò alla dea Ishtar ben 463000 vasi di birra.

fig 15
     Ishtar era una dea molto potente e di grande influenza presso gli egizi, identificata col pianeta Venere. Protettrice dei naviganti e degli eserciti, era anche la dea dell'amore e della fertilità.
     Durante la cerimonia funebre, il corpo ormai mummificato andava riposto nel sarcofago. Sotto al capo veniva posizionato un cuscino e di sopra una maschera che raffigurava il volto del defunto, per facilitare l'anima al riconoscimento del proprio corpo.
     Gli egizi riponevano maggiori cure nelle costruzioni delle abitazioni mortuarie che non in quelle da vivi, in quanto credevano che il tempo da dover passare nelle prime fosse di gran lunga superiore rispetto agli anni in vita. Ecco perchè le tombe erano costruite con materiali più resistenti. In ogni caso era evidente la scala sociale: i poveri venivano sepolti sotto la sabbia nel deserto, i ricchi nelle cosiddette "mastabe", come si può vedere nella figura 16. Altro non erano che enormi tombe in muratura a forma di piramide tronca. Infine i faraoni riposavano eternamente nelle piramidi, la cui maestosità era direttamente proporzionale alla grandezza del personaggio.

fig 16
     La costruzione di una piramide richiedeva davvero molto tempo, e alla sua realizzazione partecipavano, oltre che naturalmente gli schiavi, anche i contadini, ma soltanto durante il periodo di piena del Nilo, che rendeva impossibile il lavoro nei campi. Come abbiamo già detto, le tombe venivano riempite di oggetti preziosi, motivo per cui subivano molto frequentemente le incursioni di ladri. Per cercare di evitare i saccheggi, gli architetti iniziarono a costruire le piramidi di tipo ipogeo, cioè scavandole in profondità nella roccia e cercando di celare all'esterno il più possibile gli ingressi. A poca distanza da Luxor si possono ammirare queste fantastiche opere d'arte, in particolare nella valle dei Re e nella valle delle Regine. 











































venerdì 17 gennaio 2014

LA CROCIATA DEI POVERI


RADICI RELIGIOSE, ECONOMICHE E POLITICHE DELLE CROCIATE

All’inizio del XI d.C. gli imperatori di Costantinopoli e i califfi di Baghdad avevano stabilito fra loro dei rapporti pacifici, fondati sull’amicizia e sulla stima reciproca. La situazione cambio quando i Turchi Selgiuchidi s’impadronirono di Baghdad. Convinti che fosse dovere di ogni devoto musulmano combattere senza tregua gli infedeli, essi assalirono l’Impero bizantino: dopo una grande vittoria in Armenio, nel 1071, dilagarono nella penisola anatomica. La minaccia su Costantinopoli era grave e l’imperatore Alessio I Comneno chiese aiuto ai principi occidentali e al papa Urbano II. Infatti, se Costantinopoli fosse caduta nelle mani dei Turchi, sarebbero crollate le difese orientali della Cristianità e tutta l’Europa avrebbe corso il pericolo di una invasione musulmana.

Arcieri turchi a cavallo
Chi sono i Turchi Selgiuchidi? Nel X secolo il grande impero musulmano si era diviso in tre Stati indipendenti: il califfato di Cordoba, in Spagna, quello del Cairo, in Egitto, che comprendeva tutti i territori Africani e, infine, in Asia, il califfato di Baghdad. La sorte del califfato di Baghdad fu decisa dai Turchi, una popolazione nomade, originaria dell’Asia centrale. Muovendo di qui, nel VI secolo tribù turche erano penetrate ad est nelle regioni settentrionali dell’impero cinese; altre, invece si erano disseminate ad ovest, nelle terre attorno al Caspio e al Lago d’Aral. Altri Turchi ancora, appartenenti alla tribù dei Selgiuchidi, si erano insediati ai confini della Persia. Convertiti all’Islam, dopo aver per lungo tempo fornito truppe mercenarie ai califfi, nel 105 conquistarono Baghdad. Da questo momento accanto al califfo governerà un’altra figura, un capo turco con il titolo di sultano, che significa colui che ha il potere. In realtà i sultani, anche se si proclamavano fedeli difensori del califfo, furono i veri padroni dello stato.

I Turchi Selgiuchidi
Proprio mentre i Turchi Selgiuchidi si fanno sempre più pericolosi per l’Impero Bizantino, una controversia più aspra delle precedenti si era appena conclusa nel 1054 tra Chiesa orientale e Chiesa occidentale con un vero e proprio scisma. Questa separazione dura ancora ai nostri giorni.
Quando l’imperatore d’Oriente si rivolse ai principi d’Europa per ottenere aiuto contro i Turchi, la divisione fra i cristiani non sembrava destinata a durare a lungo. Nello stesso tempo anche Gerusalemme e tutta la Palestina cadde in mano ai Turchi ed in Occidente cominciarono a diffondersi dicerie, sperso inventate, sulla crudeltà dei nuovi conquistatori e sulle loro intenzioni di proibire ai pellegrini cristiani l’accesso ai luoghi resi santi dalla vita e dalla passione di Gesù, e soprattutto dal Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il successo dell’impresa avrebbe senza dubbio riconciliato cattolici e ortodossi e il prestigio della Chiesa di Roma si sarebbe grandemente accresciuto. Durante il concilio tenuto a Clermont, in Francia, nel novembre 1095, il papa diede il grande annuncio. Il testo del discorso da lui pronunciato non ci è mai giunto, ma lo storico francese Roberto il Monaco, che era presente a Clermont, cosi riferisce le parole del pontefice: Popolo dei Franchi… vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci ha condotto nelle vostre terre, quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci ha qui attratti. Da Gerusalemme e da Costantinopoli è giunta a noi una dolorosa notizia: i Turchi, gente tanto diversa da noi, popolo nemico di Dio, hanno invaso le terre di qui cristiani, le hanno devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne hanno in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne hanno uccisi e le chiese di Dio o hanno distrutte dalle fondamenta o hanno adibite al culto della propria religione…


Antoine Rivalz - Papa Urbano II
Il regno dei Greci è stato da loro già gravemente colpito. A chi tocca il compito di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi? Vi muovano ed incitino gli animi vostri ad azioni virili le gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo Magno e degli altri vostri sovrani che distrussero i regni dei pagani ed allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch’è in mano di una gente immonda, e i luoghi santi, che ora sono da essa posseduti… O soldati fortissimi, figli di padri invitti, non siate degeneri… Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del Santo Sepolcro, strappate quella terra a quella gente scellerate e sottomettetela a voi. Gerusalemme è l’ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte, quasi un altri paradiso di delizie […]. Quando andrete all’assalto dei bellicosi nemici, sia questo l’unanime grido di tutti i soldati di Dio: “Dio lo vuole! Dio lo vuole!” Chiunque vorrà compiere questo santo pellegrinaggio e ne avrà fatto promessa a Dio… porti sul suo petto il segno della croce del Signore; sarà così adempiuto il precetto che il Signore dà nel Vangelo; “Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non è degno di me”.


Gottschalk predica le Crociate

Nelle parole del pontefice noi troviamo spiegati in primo luogo i motivi religiosi, che dovevano spronare i Cristiani all’impresa: la necessità di aiutare i loro fratelli d’Oriente, minacciati dai Turchi. Viene, poi, indicata la méta ultima dell’impresa: la liberazione della sacra città di Gerusalemme. La guerra era giusta e santa e Dio avrebbe guidato chi combatteva in suo nome. A coloro che fossero partiti per la spedizione, il papa prometteva l’assoluzione dai peccati.

Come simbolo del carattere fondamentalmente religioso dell’impresa militare, ogni guerriero doveva portare sulle armi il segno della croce: una croce di stoffa rossa cucita sulla sopravveste. I guerrieri furono perciò chiamati Crociati, e Crociata la loro spedizione. In questo modo tutta l’impresa veniva posta sotto la direzione della Chiesa e Urbano II affermava ancora una volta energicamente il diritto della Chiesa di guidare le azioni dei potenti della terra e la supremazia del pontefice su tutti i principi laici. Ma Urbano II non trascurò di ricordare altri motivi non meno importanti di quelli religiosi. In Europa le risorse economiche, se pure erano in aumento, non sempre bastavano al nutrimento di una popolazione che andava rapidamente crescendo di numero. A questo fatto il pontefice allude con le parole “questa terra che voi abitate… è fatta angusta dalla vostra moltitudine… e appena somministra di che vivere a chi la coltiva”. La Palestina è presentata come una terra fertilissima, anzi un “Paradiso di delizie”, da conquistare in cambio delle povere terre d’Europa. La speranza di trovare oltremare terre e bottino, che il papa faceva balenare agli occhi di Cristiani, colpiva i cuori e l’immaginazione, poiché i pellegrini e i mercanti che ritornavano dall’oriente in Europa descrivevano con entusiasmo e invidia le favolose ricchezze di quei lontani paesi.


Mentre Pietro l’Eremita concludeva la sua sfortunata impresa, dalle città della Germania partivano disordinatamente altre bande, formate e guidate da avventurieri di ogni ceto. La maggior parte di loro non riuscì neppure ad attraversare il Danubio, perché il re d’Ungheria, pieno di collera per le loro ruberie e violenze, li sbaragliò. Ma intanto, in alcune delle maggiori città tedesche – Spira, Worms, Magonza, Ratisbona, Praga – essi avevano compiuto sanguinosi massacri di Ebrei. Come mai? Da secoli, dal 70 d.C. dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio le comunità ebraiche della diaspora si erano stabilite nell’Europa occidentale. Gli Ebrei mantenevano rapporti con i loro correligionari delle regioni arabe ed avevano una parte importante nel commercio fra paesi musulmani e cristiani. La religione cristiana proibiva l’usura, ossia di prestare denaro ad interesse; perciò furono gli Ebrei a fare nell’Occidente il mestiere digli usurai e molti di loro si arricchirono. Inoltre si trovavano tra gli ebrei degli ottimi ingegneri, medici, perché mediante le loro relazioni con l’Oriente musulmano, avevano potuto più facilmente apprendere le conoscenze degli Arabi, che, in questi campi, erano molto superiori a quelle degli Europei. Di rado gli Ebrei, nell’alto Medioevo, furono perseguitati. Vescovi e principi li proteggevano, perché li consideravano utili alla società e perché riscuotevano cospicue tasse dalle comunità ebraiche insediate nei loro territori. In un primo tempo la concessione di un ghetto da parte delle autorità cristiane fu considerata dagli stessi Ebrei come un privilegio. Del resto, nelle città medievali era costume che coloro che esercitavano la stessa professione vivessero nella stessa via o nella stessa località.

Domenico Paradisi - I crociati davanti a Gerusalemme
Gli Ebrei nel ghetto trovavano le condizioni migliori per eseguire i riti della loro religione, che esigevano una partecipazione collettiva, come per esempio, le preghiere nella sinagoga, che dovevano essere recitate in comune. D’altra parte essi esercitavano mestieri utili anche ai Cristiani: vendevano merci, prestavano denaro, curavano malattie, davano lavoro. L’istituzione del ghetto fu quindi vantaggiosa in un primo momento per entrambe le comunità: cristiani ed ebrei. Tuttavia i contadini e i cittadini più poveri, che avevano bisogno di denaro ed erano costretti a contrarre debiti con loro da alto interesse, provavano nei confronti degli Ebrei un risentimento profondo. La loro impopolarità aumentò quando anche feudatari e cavalieri ridotti in miseria furono costretti ad indebitarsi. La predicazione della Crociata convinse ingenti masse di Cristiani che uccidere gli infedeli fosse un’azione gradita a Dio e tra di loro non pochi pensavano che gli Ebrei erano altrettanto nemici di Dio dei Musulmani ed erano più vicini da raggiungere.

Il massacro degli Ebrei
miniatura medievale

Così l’odio religioso, reso più furibondo dai motivi economici di cui abbiamo parlato, si scatenò contro i ghetti degli Ebrei. Anche se sul momento principi e vescovi riuscirono a far cessare le stragi, gli Ebrei da allora cominciarono ad essere considerati dei nemici. Il ghetto divenne sempre di più un luogo nel quale delle persone pericolose erano segregate dal resto della popolazione, perché non potessero nuocere: esso era situato nella parte più malsana della città, cinto di mura e provvisto di porte, che venivano chiuse ogni notte e sbarrate con catene e serrature. Nessuno poteva entrarvi o uscirvi dal tramonto al levare del sole. La segregazione spinse gli abitanti del ghetto a rendere più stretti e profondi i vincoli religiosi e familiari che li legavano. Così riuscirono a difendersi meglio dall’ostilità che li circondava, che spesso si trasformava in persecuzione vera e propria. I Cristiani, in mezzo a cui essi vivevano, li sentirono ancora più estranei ed aumentò il malanimo tra le due comunità. Se il Vescovo di Spira, sul finire del secolo XI, riteneva che la comunità ebraica residente stabilmente nella sua città ne accrescesse l’onore, meno di due secoli dopo (1266) un sinodo ecclesiastico tenutosi nella città polacca di Breslavia cosi stabiliva: “Per evitare la possibilità che il popolo cristiano di Polonia sia infettato dalla superstizione de dai depravati costumi morali degli Ebrei che abitano in mezzo ad esso, comandiamo che gli Ebrei non vivano tra i Cristiani, ma abbiano le loro abitazioni vicine e prossime l’una all’altra in qualche parte segregata della città, di modo che la lo loro zona di abitazione sia separata dal luogo comune di abitazione dei Cristiani mediante una siepe, un muro o un fosso”.  

Pietro l'Eremita mostra ai crociati la via per Gerusalemme
Illustrazione tratta dal manoscritto pergamenaceo Roman du Chevalier du Cygne (1270 ca)

LA CROCIATA DEI POVERI

L'Armata dei Poveri era guidata da Pietro l'Eremita, predicatore popolare, che si era guadagnato questo nome per il fatto d'andare in giro in sella ad un umile asinello e coperto di stracci. Al grido di quello che diventò il suo motto: Deus le volt (Dio lo vuole) radunò intorno a se un esercito improbabile, formato da contadini, cavalieri senza alcuna risorsa economica e addirittura donne e bambini. E' facile immaginare il tragico epologo!

F. Hayez 1828 Pietro l'eremita predica la crociata
Altri scaglioni erano guidati da monaci, che predicavano l'Apocalisse.
Anch'essi senza nessun mezzo (sostenevano che la provvidenza avrebbe pensato a tutto e una cometa celeste indicata la strada) questo sciame scomposto attraversava i territori, spesso saccheggiandoli ed uccidendo chi si rifiutava di cibarli.



Asserivano che nulla poteva essere negato a chi serviva la Croce, rifiutare voleva dire andare contro il disegno divino e quindi doveva essere punito con la morte.
Non appena questo branco mise piede in Asia Minore, fu brutalmente sterminato dai turchi. Si salvarono in pochissimi, compreso Pietro l'Eremita, il quale, non contento di questa tragica prima spedizione, decise di prendere parte alla vera Prima Crociata, quella guidata da Goffredo di Buglione.

UNA CURIOSITA'

Nel 1099 iniziò a Trani la costruzione della cattedrale edificata in onore di S. Nicola il Pellegrino, un ragazzo greco di 18 anni, sbarcato per l'appunto a Trani nell'imminenza della sua morte. La storia ci racconta che dopo questo evento sarebbero avvenuti diversi miracoli, tanto che papa Urbano II si decise per la sua canonizzazione. La cattedrale è inserita nella lista delle "meraviglie italiane", e nel 2002 è stata proclamata dall'UNESCO "monumento messaggero di una cultura di pace".


GUERRA SANTA E TEOLOGIA CRISTIANA

Tutti noi sappiamo che Cristo fu un pacifico e predicò l'amore, la concordia e la non violenza. Chissà che avrebbe pensato delle Crociate! In realtà queste sono diventate, nell'immaginario collettivo, lo stereotipo del fanatismo e dell'intolleranza religiosa, senza dubbio uno dei più efferati crimini di cui la chiesa si sia mai macchiata.
Di sicuro c'è da sottolineare che i cristiani nelle terre islamiche erano costretti a diverse restrizioni religiose: non potevano suonare le campane, fare processioni, esporre icone o croci, non potevano costruire nuovi edifici di culto ne tantomeno tentare di convertire un musulmano. I cristiani erano soggetti anche a varie restrizioni giuridiche. Infatti dovevano pagare più tasse, non potevano prendere parte all'esercito ne aspirare a ricoprire le più importanti cariche politiche, non potevano testimoniare in tribunale contro un musulmano e dovevano indossare abiti distintivi.

Eugene Delacroix - L'entrata dei crociati a Costantinopoli
D'altro canto c'è da sottolineare che comunque le Crociate furono dei tentativi di riconquista dei territori in oriente occupati dai musulmani. Furono lotte cruente e brutali, durante le quali molti furono costretti alla conversione al cristianesimo, pena la morte. E' importante sottolineare che l'idea di riconquistare un territorio con la violenza in nome di Cristo è totalmente antibiblico. Molte vicissitudini avvenute durante le Guerre Sante furono completamente antietiche e contrarie a qualsiasi principio della fede cristiana.

S. FRANCESCO D'ASSISI E AL-MALIK AL-KAMIL

Ci riferiamo ora ad un episodio di confronto interreligioso fra cristianesimo e islam, che avvenne durante la Quinta Crociata.

Arnaldo Zocchi - S. Francesco parla al sultano d'Egitto al-Malik al-Kamil
Nel 1219 S. Francesco d'Assisi parte per andare a trovare il sultano al-Malik al-Kamil. L'incontro che ne scaturì non smette ancora di tormentare di domande teologi, filosofi e studiosi in generale: un atto d'audacia? La ricerca del martirio? La voglia del proselitismo o più semplicemente un dialogo interreligioso?
Il mero scopo dell'incontro doveva essere quello della conversione al cattolicesimo del sultano e di tutti i suoi soldati, o quantomeno la loro resa, per evitare inutili spargimenti di sangue.
Il sultano lo ascoltò per alcuni giorni, poi lo fece ricondurre nel campo dei crociati con un salvacondotto da usare per visitare la Palestina, avendo timore della conversione dei suoi.

Mazzucchelli Pier Francesco - S. Francesco e il sultano
Frutto di racconti del tutto inattendibili, non sappiamo dire con precisione se S. Francesco fu ricoperto di doni dal sultano o se subì violenze fisiche da parte dei suoi soldati. Ciò che possiamo affermare con certezza è che sostò a Damietta, fino alla presa della città. Successivamente, disgustato dalle violenze della battaglia, partì per la Siria, da qui alle volte dell'Italia. E fu proprio a Damietta che egli capì che una guerra per motivi religiosi non avrebbe mai portato ad un risultato positivo.



JUNO

TRAMA

Juno è una sedicenne che, dopo un rapporto sessuale con un suo compagno di scuola, Paulie, rimane incinta. Inizialmente è convinta per l'aborto, ma in seguito cambia idea e decide di partorire il suo bambino e di darlo in adozione ad una coppia benestante, Mark e Vanessa, che non può avere figli. I genitori l'appoggiano in questa scelta e il padre l'accompagna spesso dalla giovane coppia, ritratto apparente della perfezione. Ma non è tutto rose e fiori: l'uomo scappa dalla moglie perché non si sente pronto a diventare padre. Tutto ciò manda in crisi Juno, che capisce nel frattempo che Paulie è la persona giusta per lei, e che Vanessa è la mamma perfetta (anche se single) per il suo bambino


SCHEDA FILM


Regia: Jason Reitman
Interpreti: Ellen Page, Michael Cera, Jennifer Garner, Jason Bateman, J.K. Simmons, Allison Janney, Olivia Thirlby
Nazionalità: USA, 2007
Soggetto: Diablo Cody
Sceneggiatura: Diablo Cody
Musica: Matteo Messina
Durata: 92 minuti
SINOSSI

Juno non è semplicemente una pellicola, ma una lezione di vita. Basta pochissimo per innamorarsi di ogni singolo personaggio, che cattura e incolla allo schermo col sorriso dall'inizio alla fine del film. E' tenerissima l'immagine di Juno, sedicenne dalla lingua biforcuta e tagliente, che decisissima inizialmente per l'aborto, si persuade a portare avanti la gravidanza quando scopre che il suo bambino potrebbe già avere le unghie. C'è gioventù, c'è freschezza, c'è voglia di vivere nelle scene; è proprio questa la lezione di vita, la voglia di vivere. E man mano che il pancione cresce, i cambiamenti fisici di Juno rispecchiano la sua crescita interiore, alla fine riuscirà ad affrontare i suoi problemi con determinato coraggio, fresca maturità e con intelligente esuberanza. Diventare madre rappresenta una delle esperienze più profonde per una donna, e anche se Juno non lo voleva, nel momento in cui abbraccia il suo bambino, ogni dubbio e incertezza vengono dissolti.

ITINERARI DIDATTICI

  • In quale momento inizia la vita?
  • Come ti saresti comportato tu al posto di Juno?
  • Avresti scelto anche tu una famiglia per il tuo bambino o ti saresti comportato diversamente?
  • Perché?
  • Secondo te, è vero che ogni figlio ha il diritto di nascere accettato e amato dai genitori?
  • Cosa significa per te dare alla luce un bambino?





mercoledì 11 dicembre 2013

LE CROCIATE

TRAMA

Il film narra la storia di Baliano di Ibelin, un maniscalco francese la cui moglie si è suicidata in seguito alla morte del loro figlio. Baliano decide di partire per le Crociate alla volta di Gerusalemme convinto di poter espiare le sue colpe e quelle della moglie. Viene raggiunto nel suo viaggio dal padre Goffredo, feudatario di alcune terre proprio a Gerusalemme, ma quest'ultimo muore in Sicilia, prima di partire per la Terra Santa. Eè proprio così che Baliano si trova a capeggiare l'esercito del padre accanto al re lebbroso Baldovino IV, sempre in contrasto con Guido di Lusignano e il cattivissimo Reginaldo di Chatillon, che al contrario del saggio re, auspicano la guerra contro i saraceni. Il re muore, Guido e Reginaldo perdono contro il potente esercito di Saladino e a Baliano non resterà che difendere le mura di Gerusalemme.


SCHEDA FILM

Regia: Ridley Scott
Interpreti: Orlando Bloom, Eva Green, Edward Norton, Jeremy Irons, Liam Neeson, Brendan Gleeson
Nazionalità: USA, Gran Bretagna, Spagna, 2005
Soggetto: William Monahan
Sceneggiatura: William Monahan

Musica: Harry Gregson- Williams, Stephen Burton

Durata: 144 minuti

SINOSSI

Baliano è un maniscalco che ha perso la famiglia e ha rischiato di perdere anche la sua fede. Le guerre di religione che sconvolgono la Terra Santa gli sembrano lontane mille miglia. M a improvvisamente il destino bussa alla sua porta, sotto le spoglie di un nobile cavaliere, tale Goffredo di Ibelin, che asserisce d'essere suo padre. Egli è un crociato, che dopo avere combattuto nel lontano Oriente, fa momentaneamente ritorno nella sua patria, in Francia. Goffredo mostra a Baliano che cosa voglia dire essere un cavaliere. Lo porterà con se in un viaggio fantastico attraverso i continenti per giungere in Terra Santa, inframmezzato da epiche battaglie volte a mostrare tutta la barbarie generata dal fanatismo, dando così una chiara visione del tardo dodicesimo secolo.

ITINERARI DIDATTICI

  • La conquista di Gerusalemme da parte di Saladino è preceduta da una fase di convivenza fondata sulla tolleranza e la comprensione delle rispettive ragioni. Perché avviene la rottura? Da chi è macchinata?
  • Il film presenta degli errori storici o anacronismi: ad esempio la bandiera con la mezzaluna che sventola durante molte scende del film all’epoca non esisteva.


    Tale bandiera la si trova nel quattrocento con i Turchi Ottomani. Inoltre le torri, gli enormi mangani, le catapulte. Le macchine da guerra del XII secolo erano costruite “in loco”. Trasportare per centinaia di chilometri tutto quel legname sarebbe stato u lavoro immane e poco vantaggioso. Baliano è un personaggio storico realmente esistito, figura rappresentativa del ceto feudale francese che in Palestina cercava guadagni e prestigio, tanto da impalmare la principessa bizantina Maria Comneno. Quindi Baliano non era un maniscalco. Altro personaggio distorto è il vescovo “cerchiobottista” codardo di Gerusalemme Eraclio che nel film risulta sgradevole per la sua falsità e scarso amor cristiano. In realtà esisteva a Gerusalemme un vescovo che però non era cattolico, bensì ortodosso. Che dire della totale assenza di Ebrei a Gerusalemme? Inoltre il XII secolo è presentato nella prima didascalia come un secolo di estrema povertà e repressione; al contrario, fu il secolo della rinascita e dello sviluppo agricolo, commerciale e culturale. Quale interpretazione, al di là degli errori storici il regista fornisce di questo periodo o fenomeno storico secondo te? Intravedi l’ideologia del film? Se la intravedi, la condividi?






giovedì 21 novembre 2013

CASOMAI

TRAMA

Casomai è la storia d'amore di Stefania e Tommaso che celebrano il loro matrimonio in una chiesetta particolare e pittoresca, sperduta fra i monti, dove il parroco che celebra messa li interroga sulla loro idea del matrimonio. Inizia così il viaggio della loro vita insieme, dal primo incontro alla nascita del figlio, alle difficoltà quotidiane nel conciliare la famiglia, il lavoro e gli amici. Ad aggravare il tutto una seconda gravidanza indesiderata, che crea maggiori tensioni nel rapporto già duramente provato, fino ad arrivare alla frattura definitiva. Ma questa è solo un'ipotesi, abbastanza realistica, avanzata dal parroco, che con questo vuole invitare tutti i presenti ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti di Stefania e Tommaso. Di fronte al diniego generale, invita tutti ad uscire dalla chiesa, lasciando i giovani sposi scambiarsi la promessa eterna del proprio amore in solitudine con Cristo.



SCHEDA FILM

Regia: Alessandro D'Alatri
Interpreti: Stefania Rocca, Fabio Volo, Gennaro Nunziante, Mino Manni, Maurizio Scattorin
Nazionalità: Italia, 2002
Soggetto: Alessandro D'Alatri
Sceneggiatura: Anna Pavignano e Alessandro D'Alatri
Musica: Pivio e Aldo De Scansi
Durata: 110 minuti

SINOSSI

Nel film Casomai, tra metafora e realismo, si mettono a fuoco tutte le difficoltà tramate dalla società anche nei confronti di chi crede che il matrimonio sia per sempre. Riusciranno Stefania e Tommaso a tenere in piedi il loro? Cosa può incrinare il loro rapporto perfetto? Su quali basi possono fondare il proprio legame nel modo più solido possibile? E in una società come la nostra, nella quale vige la precarietà, la costante paura di fare delle scelte definitive, l'essere sempre sicuri di poter tornare indietro e di avere un'alternativa, che senso ha ancora la frase "per tutta la vita"? E allora la costruzione della felicità e dell'amore, per realizzarsi e durare, richiede l'impegno di tutti.

ITINERARI DIDATTICI

  • La storia raccontata da Casomai riguarda solo Stefania e Tommaso o è un discorso più generale? Esponi le tue argomentazioni sulla base degli elementi inerenti al film.
  • "Non c'è niente di peggio di una speranza senza fondamenti": quali fondamenti possono dare Stefania e Tommaso al loro amore?
  • Le nozze a porte chiuse: cosa vuole esprimere il regista attraverso questa scena? Oltre alla motivazione data da don Livio, c'è anche un significato simbolico: quale? Che succede intanto agli invitati fuori alla chiesetta?
  • Cosa esprime il lancio del bouquet ripreso in quel particolare modo?
  • Cosa ne pensi del problema messo a fuoco dal film? Cosa pensi del matrimonio? ha senso per te? Quali fondamenti porresti per la tua speranza?
  • Cosa significa per te scegliere di sposarsi in chiesa?


L'INCHIESTA

TRAMA

L'imperatore Tiberio Claudio Nerone chiede a Tito Valerio Tauro di ritrovare il corpo di Gesù il Nazzareno che fu, qualche anno prima, per mano di Ponzio Pilato giustiziato e ora scomparso dal sepolcro. Nonostante i trambusti creati a Roma dalla resurrezione di Gesù, Pilato non riesce a credere che ciò possa essere motivo di un'inchiesta e cerca di mettere i bastoni fra le ruote al lavoro di Tauro. Quindi, suo malgrado, non gli resta che ammettere il proprio fallimento e asserire che sta avvenendo qualcosa che va oltre la logica umana comprensione, che mette addirittura in crisi la legge romana.


SCHEDA FILM

Regia: Giulio Base
Interpreti:  Daniele Liotti, Dolph Lundgren, Monica Cruz, Hristo Sopov, Max Von Sydow
Nazionalità: Bulgaria, Spagna, Italia, USA, 2006
Soggetto: di Suso Cecchi D'Amico e Ennio Flaiano
Sceneggiatura: Valerio Massimo Manfredi, Andrea Porporati
Musica: Andrea Morricone
Durata: 112 minuti

SINOSSI

L'inchiesta è un film che parla della nascita di una nuova civiltà, quella cristiana e la conseguente disgregazione dell'impero romano per opera di un fenomeno religioso e culturale che viene vissuto a quei tempi. Il protagonista, Tito Valerio Tauro, passa attraverso un percorso che lo porta dalla certezza al dubbio, nello sforzo di comprendere cosa sia successo in realtà a Gerusalemme, è un viaggio nel proprio io che lo trascina a porsi delle domande a cui non sa dare nessun tipo di risposta. Il film propone un'apertura al mistero che è molto vicino alla nostra civiltà, da un lato erede del positivismo illuminista, dall'altro caratterizzata da un ritorno al paganesimo.

ITINERARI DIDATTICI

  • Cosa cerca esattamente Tito Valerio Tauro?
  • Perchè Tito Valerio Tauro non si accontenta delle false verità che gli propone Ponzio Pilato?
  • Come giustifichi il comportamento di Ponzio Pilato?
  • La tesi della morte apparente di Gesù non viene smentita dalla ferita al costato?
  • Perchè Gesù è stato crocifisso e non ucciso diversamente?
  • Effettivamente il cristianesimo rappresentava un pericolo per Roma?
  • Il cristianesimo rappresentava un pericolo per tutti i poteri forti terreni?