mercoledì 25 settembre 2013

BASTA GUARDARE IL CIELO

TRAMA

Basta guardare il cielo, tratto dal romanzo di Rodman Philbrick, è la storia divertente e allo stesso tempo toccante, di due ragazzi che affrontano insieme varie vicissitudini volte al bene. Ispirandosi a re Artù e ai cavalieri della tavola rotonda, compiono in realtà un viaggio molto più profondo: la scoperta del più grande tesoro che ci sia: l'amicizia. Legati dal fatto d'essere sempre stati degli esclusi - l'uno perché affetto da una malattia malformante degenerativa, l'altro perché goffo, fifone e poco intelligente - sono la cavia della società, che non fa altro che deriderli; comportamento ripetuto dalla classica banda di bulli loro compagni di scuola. Ma quando l'uno sale sulle spalle dell'altro, diventano un unico invincibile guerriero, tutto cervello e potenza fisica.


SCHEDA FILM

Regia: Peter Chelsom
Interpreti: Kieran Culkin, Elden Henson, Sharon Stone, Harry Dean Stanton, Gena Rowlands, Joseph Perino, Gillian Anderson, Meat Loaf
Nazionalità: USA, 1998
Soggetto: tratto dal romanzo "Freak the Mighty" di Rodman Philbrick
Sceneggiatura: Charles Leavitt
Musica: Trevor Jones
Durata: 97 minuti

SINOSSI DEI PROTAGONISTI

Kevin è piccolo, magro, affetto da una patologia degenerativa. In compenso ha un cervello straordinario e trascorre tutto il tempo a leggere e a inventare congegni meccanici. La madre di Kevin è iperprotettiva, mentre il padre è andato via quando ha saputo della sua malattia.
Max invece è grande e grosso, porta 48 di scarpe. A scuola è lento, fatica ad apprendere qualsiasi nozione e viene considerato “ritardato”. Ha poco coraggio e non riesce a reagire quando lo prendono in giro. Ogni giorno è vittima di soprusi e scherzi di cattivo gusto. Quando qualcuno combina qualche guaio, lui è il capro espiatorio preferito. Anche Max ha una condizione familiare difficile: la madre è morta e il padre è in carcere.
Per tutta la vita Kevin e Max sono stati esclusi. Per la gente del posto sono “Frankenstein e Igor” e ogni occasione è buona per deriderli. I compagni di scuola, riuniti nella banda dei bulli “cattivi randagi” non mancano di sottolineare le menomazioni fisiche di entrambi. Insultano Max con farsi: “Maialino, maialino, tu sei figli dell’assasino”, oppure “Scimmione con le cuffie” e sembrano godere della sua sottomissione passiva. Anche il mondo degli adulti che gravita attorno a loro, ad eccezione della mamma di Kevin e dei nonni di Max, sembra disinteressato a loro e non ripongono in loro nessuna stima né fiducia.
Quando Max e Kevin si conoscono la loro vita cambia radicalmente. Kevin appassionerà Max alla lettura e alla fantasia facendolo viaggiare con la mente e l’immaginazione. Max aiuta Kevin nella deambulazione: se lo porta a spasso sulle spalle. I due amici insieme formano il guerriero perfetto: una forza imponente con una volontà di ferro.

Il fulcro del film sta nella relazione instaurata fra i due ragazzi, l'occuparsi l'uno dell'altro, l'amicizia come potente leva per fiancheggiarsi e crescere insieme, soprattutto quando il resto del mondo gira le spalle. Appoggiarsi ad un sentimento così forte, fatto di fiducia, stima, comprensione, sostegno, aiuta gli amici a superare le paure e a tener testa ai bulli.
Altro elemento rilevante è la convinzione di dover maturare dentro di sé un buon senso di fiducia nelle proprie possibilità e di autostima, ingredienti indispensabili per superare ostacoli e risolvere i problemi che frequentemente possono affacciarsi alle porte dell’esistenza di tutti noi.
Suggerisco questa pellicola perché quando si assiste alle razioni dei personaggi di un film, ci si può sentire più forti e rassicurati e si possono intravedere nuove strade comportamentali. A ognuno di noi può essere capitato, almeno una volta, di essersi sentito o sentirsi come Kevin o Max, magari anche nella classe. Il film può essere l’occasione per discutere di problemi relazionali, senza dover uscire allo scoperto in prima persona, ma piuttosto assumendo il punto di vista dei personaggi messi in scena, cercando di capire il perché di tali comportamenti e rintracciare in gruppo possibili alternative e soluzioni.
Il film inoltre ci invita alla lettura e all’immaginazione, straordinari e potenti strumenti della nostra mente. Sembra insegnarci che se si impara a leggere e a nutrire passione, si possono vivere stupende avventure. È grazie all’immaginazione che Max e Kevin sopportano gli abusi e fronteggiano la durezza, ma è anche il loro strumento per uscire dall’ambiente deprimente in cui vivono.
La macchina da presa aiuta a vivere le emozioni degli attori, per esempio quando le ampie inquadrature dall’alto con i ragazzi che appaiono minuscoli di fronte alle imponenti torri ci fa intendere il loro vissuto emozionale di isolamento e il violento mondo urbano in cui si muovono. Altro esempio sono le stampelle lasciate cadere quando Max solleva Kevin, che stanno ad indicare il senso di libertà conquistato.  

ITINERARI DIDATTICI

Cosa avresti fatto tu trovandoti al posto di....
  • Max quando viene preso in giro dai suoi compagni di scuola sull'autobus
  • la mamma di Kevin quando il figlio vuole compiere azioni per lui complicate
  • Max quando viene accusato ingiustamente d'aver fatto cadere Kevin in palestra
  • Kevin quando cade a terra una volta colpito dal pallone
  • Max al luna park nel momento in cui vede Kevin stuzzicare i compagni bulli
  • Kevin quando viene allontanato da Max, dopo essere stati a casa di Loretta
  • la preside che parla con la mamma di Kevin
  • Kevin quando si rende conto della sua morte ormai imminente
  • Max una volta rapito dal padre
  • Kevin quando si accorge della scomparsa di Max
  • Loretta che incontra Max alla fine del film

AUTOANALISI

  • Come intendo la “normalità” e la “diversità?”
  • Dopo aver visto il film quanta importanza attribuisco alla forza fisica e quanta importanza attribuisco all’intelligenza per risolvere problemi?
  • Quanta importanza ha per me l’amicizia? La relazione con gli altri?
  • Quale ruolo rivesto nel gruppo: leader, gregario, collaborativo, vittima, capro espiatorio…
  • Quanta importanza attribuisco al bisogno di comunicare, esprimere le proprie emozioni, sentimenti, vissuti interiori?
  • Il film mi ha aiutato ad avvicinarmi ai testi classici della letteratura?
  • Il film demarca il grande potere della lettura: cosa ne penso?




martedì 17 settembre 2013

LA TEORIA DELLA MENTE

3 sono le domande che possiamo porci quando parliamo dell'esperienza umana religiosa:
  1. perché siamo l'unica specie che crede in un mondo parallelo e ha una religione?
  2. che funzione ha la religione per i nostri antenati e in che misura questa continua ad assolverla?
  3. nella storia dell'uomo, quando è comparsa la religione? 
Prima di rispondere a queste 3 domande, che Robin Dumbar solleva, è necessaria una lunga introduzione.
Il più delle volte, durante le mie lezioni sulle prime unità didattiche inerenti argomenti quali “l’Io”, il “Sé”, le relazioni sociali o perché l’uomo, di aristotelica memoria, è un animale diverso, alcuni miei alunni, quando parlo dell’uomo come essere capace di utilizzare il cervello in modo del tutto peculiare rispetto a qualunque altro essere vivente, mi domandano: “Lei come fa a saperlo e soprattutto come può dimostrarlo?” “Il mio cane/gatto/cavallo è intelligentissimo”. In questi casi mi trovo a dover affrontare una sorta di ingenuità cognitiva. Il fatto che abbiamo la capacità cerebrale di fare tutti i calcoli necessari, non può farci asserire che anche tutti gli altri animali abbiano le stesse attitudini, o quanto meno che abbiano bisogno di una teoria della mente per poter operare correttamente nelle società in cui vivono. Vorrei approfondire questo tema per presentare le più recenti teorie sull’evoluzione umana, attingendo dalla biologia, dalle scienze cognitive, dalla paleontologia e dall’archeologia.
Alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, due genetisti americani -Vince Sarich e Alan Wilson- avanzarono l’ipotesi che l’origine comune a noi e alle scimmie antropomorfe dovesse essere fatta risalire a non più 3 milioni di anni fa, ma all’inizio tale orologio fu regolato male. I dati su cui fondavano questa proposta quasi scandalosa erano le somiglianze esistenti tra il codice genetico dell’uomo e quelli delle grandi scimmie antropomorfe africane. Dopo aver decifrato il codice genetico la scienza della genetica stava aprendo nuove frontiere a sconfinati orizzonti e così si giunse all’ipotesi che il DNA – le immortali molecole avvolte ad elica all’interno di ogni cellula vivente che recano con sé le informazioni necessarie per la formazione di nuovi organismi – potesse essere usato come orologio biologico. Tale idea nasce dalla constatazione che le strutture del codice genetico possono mutare nel corso del tempo. La causa di questo fenomeno è un’imperfezione nel modo in cui il DNA copia se stesso nel corso della riproduzione; tale processo è definito “mutazione”. Spesso, ma non sempre, tali mutazioni non hanno alcun effetto sull’organismo, e queste differenze, di importanza poco rilevante, si accumulano col trascorrere delle generazioni e finiscono per costituire il bagaglio genetico. Per intenderci, risulta che il nostro materiale genetico è composto da più di un miliardo di geni e di questi 30.000 sono attivamente coinvolti nella costruzione dell’organismo umano. Il resto, il DNA “spazzatura”, è la combinazione di elementi strutturali e di virus che si sono inseriti in modo parassitario nel nostro DNA nel corso del tempo a partire da quando la vita ha avuto inizio. Tale DNA “spazzatura”, non avendo nessun effetto sull’organismo, dimora tranquillamente nella sua tana molecolare percorrendo senza sforzo la sua strada evolutiva grazie all’abilità riproduttiva del suo ospite e non subisce effetti della selezione naturale. Quindi è soggetto solo ai processi interni di mutazione. Tale segmento di DNA fornisce la base per la misurazione dell’orologio molecolare di Sarich e Wilson. Come funziona? Il ritmo con cui si verificano questi mutamenti “occulti” si mantiene abbastanza costante nel tempo e il numero di differenze esistenti tra due qualsiasi individui rappresenta una misura approssimativa del lasso di tempo che intercorre evolutivamente tra essi, ossia che li separa dall’ultimo antenato comune. Allora da un lato si ha la selezione naturale influenzata da quei segmenti di DNA che fungono da codici per la formazione di una parte dell’organismo. Ciò avviene attraverso il successo o l’insuccesso della parte dell’organismo che influisce direttamente sulla possibilità del gene produttore d'essere trasmesso o no alle generazioni successive e dunque sotto la pressione della selezione naturale, il meccanismo che Darwin pose alla base del cambiamento evolutivo. D'altro canto accade che, se un gene non produce alcun effetto sull’organismo e la selezione non esercita alcuna pressione, negativa o positiva, le frequenze dei geni cambiano solo per graduale accumularsi di mutazioni. Questo è il processo di lento accumulo di errori di copiatura che Sarich e Wilson considerarono adatto a servire da orologio molecolare per ricostruire i tempi di separazione di linee evolutive strettamente imparentate. I genetisti avevano ragione e questo orologio funziona correttamente. Esso può essere usato per stabilire la data d’inizio della divergenza tra due linee evolutive. Gli esseri umani e le scimmie antropomorfe dei nostri giorni condividono un passato molto più recente. Le stime sull’ultimo antenato in comune all’uomo e agli scimpanzé indicano un lasso temporale che non supera i 5/7 milioni di anni. Dopotutto i primati sono in circolazione sul nostro pianeta da più di 65 milioni di anni. A ciò va aggiunto che gli scimpanzé hanno una relazione più stretta con l’uomo che con i gorilla e gli oranghi. Questa conclusione ha portato a rivedere la classificazione zoologica delle scimmie antropomorfe. In definitiva uomini e scimpanzé condividono il 98,5% del patrimonio genetico. In poco meno dell’1,5% dell’intero patrimonio genetico si nasconde la differenza tra l’umano e l’animale. In questo 1,5% troviamo il mentale ovvero: come so di sapere qualcosa? Ma com’è che soltanto noi umani possiamo fare questo? A questo punto il mio alunno mi chiederà: “come fa a dire che soltanto noi umani possiamo fare questo?”
Dopo aver affrontato il legame di parentela che unisce noi agli scimpanzé, nel prossimo approfondimento parleremo di cosa ci rende così diversi, da loro e da tutto il mondo animale.

giovedì 5 settembre 2013

PRESENTAZIONE

Oggi nasce il nuovo blog del Prof. Alberto Perna, a supporto di tutti gli studenti.
In questi post potrete trovare tutto il materiale di studio e gli approfondimenti necessari per seguire al meglio le lezioni scolastiche.
Buon lavoro a tutti voi.