giovedì 10 marzo 2016

GLI EGIZI E IL CULTO DEI MORTI


     La Morte, per il popolo nilotico, costituiva un passaggio tra due fasi dell'essere e non era vissuta con l’ossessione dei giorni nostri. Certo, poteva essere traumatica, e sicuramente era rifuggita, ma, allo stesso tempo, accettata con fatalità e pragmatismo. Nel V secolo a.C. lo storico Erodoto scriveva: “Gli Antichi Egizi erano un popolo che praticava il Culto dei Morti, ma amava intensamente la vita”. Contraddittorio, vero? ma non è così.
     Gli Antichi Egizi sostenevano che la vita terrena era un dono che gli Dei facevano agli umani per permettergli di prepararsi alla vita nell'aldilà: l’eternità e l’immortalità.
     Questo popolo fu assillato dall’idea dell' immortalità: infatti costruì opere maestose come la sfinge e le piramidi, innalzò templi e santuari.
      Dio aveva creato gli uomini donandogli una natura complessa e sette entità metafisiche, ognuna con una mansione ben specifica.
     - Djet: il corpo, che aveva il compito di operare durante la vita terrena. Viveva fisicamente le vicessitudini della vita: amare, lavorare, essere la salute o sopportare la malattia,  ecc.
     - Ka: chiamato anche “doppio”. Copia esatta del djet, era fisicamente inconsistente, trasparente ed evanescente; ciò che noi potremmo definire spirito o fantasma.
fig 1
Raffigurata con le braccia volte al cielo, come si vede in figura 1, fra tutte le entità del defunto era quella che aveva il compito di affrontare il viaggio nell’oltretomba per sottoporsi al giudizio di Osiride.
        - Ba: questa entità era posseduta solo dagli uomini, grazie ad essa questi si  differenziavano dagli animali (privi di anima). E' l'essenza che Dio trasfuse all'essere umano quando lo creò, soffiandogli nelle narici. Successivamente lo stesso pensiero fu ripreso dalla cultura ebraica: lo possiamo trovare nella Bibbia nella Creazione dell’uomo.

fig. 2

     Il Ba viene rappresentato come un airone con testa umana (figura 2), forse perché le cime dei monti delle necropoli erano popolate da numerosi stormi di uccelli.
       - Ib: il cuore, sede della coscienza e dell'indole di ogni individuo.
     - Shut: l’ombra, la copia in negativo del djet. Alla morte dell’uomo, lo Shut si staccava dal corpo e girovagava senza sosta nell’attesa del Giudizio di Osiride,  seguendolo nell’oltretomba.
    - Ren: il nome. Questa entità era talmente importante da negare l’esistenza a chi non lo possedeva o non lo possedeva più. Pensiamo, infatti, alla deprecabile abitudine di cancellare da templi e monumenti, il nome di alcuni faraoni scomodi al solo scopo di eliminarne la memoria. Fu questo il caso del famoso Akhenaton, che andò contro la casta sacerdotale per aver istituito una sorta di religione monoteista, adorando il solo dio Aton.
        - Akh: detto anche il glorioso o il luminoso.

fig 3
     Gli antichi egizi praticavano un vero e proprio culto dei morti. Erano infatti convinti che dopo la morte del corpo la sua anima continuasse a vivere nell'aldilà, ecco perché mummificavano i corpi dei faraoni, per conservare a lungo nel tempo il corpo e permettergli la sopravvivenza dopo la morte terrena. A questo scopo le tombe erano riempite di ogni sorta di cibarie, ritratti del defunto, vestiti, gioielli e cosmetici
     Secondo la religione egizia, il defunto si presentava al dio Osiride, il quale sentenzava sull'operato da vivo. Se il parere del dio era positivo, l'anima aveva il privilegio di vivere in una sorta di paradiso rurale, nei campi di papiro, coltivando senza fatica orti di fave, simbolo d'infinita fertilità. E quando l'anima era stanca poteva farsi sostituire dai "rispondenti", tipiche statuine che raffiguravano il defunto e che erano poste con gli altri oggetti nella tomba del faraone. 
     Prima di tutto ciò, il morto doveva superare delle prove, anzitutto doveva oltrepassare i laghi di fuoco e combattere contro numerosi mostri, ma se aveva con se il libro dei morti, riusciva facilmente a sconfiggerli, perché in esso erano riportate preghiere ed esorcismi.

fig 4

     L'ultima prova era la più difficile: il faraone veniva accompagnato da Anubis, il protettore delle necropoli, al cospetto di 42 giudici e di Osiride, i quali pesavano il suo cuore. Se per sua sfortuna risultava più pesante della piuma della dea Maat, dea dell'ordine cosmico, della giustizia e della verità, veniva sbranato da Ammut, una tremenda belva feroce. Al contrario, se il cuore del faraone era leggero come quello della piuma, allora la sua anima poteva proseguire il suo viaggio verso l'aldilà.

fig 5

     Gli Egizi erano dell'idea che anima e corpo erano la stessa cosa. Quindi, quando veniva alla luce un bambino, credevano che nascesse con lui anche il suo Ka, che lo seguiva per tutta la vita fino alla tomba. Una volta lì, faceva compagnia al corpo finchè non finiva tutti i viveri, dopodichè ne usciva per vagare affamato alla ricerca di cibo. 

fig 6
     Durante gli scavi, gli archeologi hanno portato alla luce numerosi oggetti utili alla mummificazione dei corpi. Questi servivano principalmente all'estrazione degli organi interni. Mummificare un corpo era un'arte che conoscevano solo in pochi, i cosiddetti imbalsamatori. Quando veniva portato loro un defunto, la sua famiglia doveva scegliere fra diversi modelli di legno a forma di uomo, dipinti con colori naturali. Ci si accordava sul prezzo dopodichè il lavoro iniziava e durava per mesi. Inizialmente il corpo veniva lavato nella birra, bevanda ritenuta sacra. 

fig 7
     A questo punto venivano estratti tutti gli organi, fatta eccezione del cuore, che, come abbiamo detto prima, doveva essere pesato. Il cervello estratto dal naso, l'addome inciso per prelevare gli altri organi che venivano prima essiccati con il sale, poi lavorati con resine e oli profumati, infine riposti in otri col coperchio raffigurante la testa un dio (figura 8). Questo aveva lo scopo di proteggere gli organi stessi.

fig 8

fig 9
     L'addome veniva pulito con olio di palma, quindi riempito di stracci, mirra, cannella e paglia e ricucito. Il corpo veniva completamente ricoperto con una sostanza salina prelevata dal Wadi el-Natrun (da cui il nome del composto - natron-), un lago quasi perennemente in secca e quindi molto ricco di carbonato di sodio.

fig 10
     Questa fase aveva una durata di 40 giorni, alla quale seguiva una cerimonia durante la quale il corpo, ormai essiccato, veniva lavato nel Nilo. Poi si faceva  asciugare per 20 giorni e ricontrollato: laddove la pelle risultava eccessivamente secca, veniva massaggiata con oli profumati.
fig 11
     A questo punto il corpo lo si avvolgeva in strisce di stoffa, ricavate da un telo di lino. Gli strati di bende adoperati durante questa operazione erano numerosi, almeno una ventina, e fra un giro e l'altro venivano inseriti all'altezza del cuore gioielli, amuleti e collane, allo scopo di proteggere il cuore. Due gioielli non potevano mai mancare: lo scarabeo stercolario (figura 10) che era il simbolo della resurrezione, e l'occhio di Horus (altrimenti detto occhio di Ra), che aveva il significato del potere regale e della buona salute, segno anche di prosperità (figura 11).
     In definitiva, per completare un processo di mummificazione, occorreva impiegare un tempo lungo 80 giorni. Finalmente il corpo poteva essere riposto in una bara a forma di uomo. C'è da precisare, peraltro, che essere mummificati non era un privilegio rivolto a tutti i comuni mortali: tale pratica, infatti, veniva riservata esclusivamente ai faraoni, ai dignitari, ai sacerdoti e alle personalità più importanti.

fig 12

     Gli egizi credevano che solo questi possedessero un'anima e che solo i faraoni, una volta defunti, diventassero delle divinità. In ogni caso, i riti funebri erano davvero sfarzosi, i parenti portavano grandi quantità di cibo e i sacerdoti proclamavano preghiere particolari, allo scopo di sostenere il defunto durante il suo viaggio attraverso l'aldilà.

fig 13
     Per lo stesso motivo le tombe erano rivestite di immagini e testi rituali.  Veniva poi compiuta la cerimonia dell'apertura della bocca, che aveva lo scopo di riattivare i sensi del defunto in modo tale che potesse continuare a vivere nel cosiddetto Duat (l'oltretomba). Una dettagliata descrizione del rituale è giunta a noi dalla piramide di Seti I, nella valle dei Re.
     Uno degli oggetti utili al rituale era il "dito d'oro", per l'appunto in oro o in pietra, dalla forma di due dita affiancate. L'altro era il "nechereti", una piccola ascia che si vede chiaramente nelle mani del sacerdote sulla destra nella figura 14.
     La cerimonia veniva eseguita in una stanza annessa al tempio sacro chiamata "castello d'oro" e completata con delle fumigazioni che precedevano il trasporto nella tomba. Una volta giunti al suo interno, la mummia veniva riposta su un monticello di terra, che simboleggiava la collina primordiale.

fig 14
     Tutti i presenti alla cerimonia avevano l'uso di stordirsi di birra, così come è stato rivelato dalla traduzione del papiro di Prisse conservato presso il museo egizio di Torino e ritrovato nella necropoli di Abido. Infatti, ai banchetti funeri erano presenti grandi quantità di "zythum" (la birra chiara) e di "curmy" (la birra scura).
     Soltanto i sacerdoti durante tutta la cerimonia, mentre cantavano una litania, bevevano la "sà", una birra ad alta concentrazione ad esclusivo uso e consumo del faraone. La birra era una preziosa bevanda usata dai faraoni anche per ingraziarsi gli dei. E' infatti noto che Ramsete III nel corso della sua vita donò alla dea Ishtar ben 463000 vasi di birra.

fig 15
     Ishtar era una dea molto potente e di grande influenza presso gli egizi, identificata col pianeta Venere. Protettrice dei naviganti e degli eserciti, era anche la dea dell'amore e della fertilità.
     Durante la cerimonia funebre, il corpo ormai mummificato andava riposto nel sarcofago. Sotto al capo veniva posizionato un cuscino e di sopra una maschera che raffigurava il volto del defunto, per facilitare l'anima al riconoscimento del proprio corpo.
     Gli egizi riponevano maggiori cure nelle costruzioni delle abitazioni mortuarie che non in quelle da vivi, in quanto credevano che il tempo da dover passare nelle prime fosse di gran lunga superiore rispetto agli anni in vita. Ecco perchè le tombe erano costruite con materiali più resistenti. In ogni caso era evidente la scala sociale: i poveri venivano sepolti sotto la sabbia nel deserto, i ricchi nelle cosiddette "mastabe", come si può vedere nella figura 16. Altro non erano che enormi tombe in muratura a forma di piramide tronca. Infine i faraoni riposavano eternamente nelle piramidi, la cui maestosità era direttamente proporzionale alla grandezza del personaggio.

fig 16
     La costruzione di una piramide richiedeva davvero molto tempo, e alla sua realizzazione partecipavano, oltre che naturalmente gli schiavi, anche i contadini, ma soltanto durante il periodo di piena del Nilo, che rendeva impossibile il lavoro nei campi. Come abbiamo già detto, le tombe venivano riempite di oggetti preziosi, motivo per cui subivano molto frequentemente le incursioni di ladri. Per cercare di evitare i saccheggi, gli architetti iniziarono a costruire le piramidi di tipo ipogeo, cioè scavandole in profondità nella roccia e cercando di celare all'esterno il più possibile gli ingressi. A poca distanza da Luxor si possono ammirare queste fantastiche opere d'arte, in particolare nella valle dei Re e nella valle delle Regine.