venerdì 17 gennaio 2014

LA CROCIATA DEI POVERI


RADICI RELIGIOSE, ECONOMICHE E POLITICHE DELLE CROCIATE

All’inizio del XI d.C. gli imperatori di Costantinopoli e i califfi di Baghdad avevano stabilito fra loro dei rapporti pacifici, fondati sull’amicizia e sulla stima reciproca. La situazione cambio quando i Turchi Selgiuchidi s’impadronirono di Baghdad. Convinti che fosse dovere di ogni devoto musulmano combattere senza tregua gli infedeli, essi assalirono l’Impero bizantino: dopo una grande vittoria in Armenio, nel 1071, dilagarono nella penisola anatomica. La minaccia su Costantinopoli era grave e l’imperatore Alessio I Comneno chiese aiuto ai principi occidentali e al papa Urbano II. Infatti, se Costantinopoli fosse caduta nelle mani dei Turchi, sarebbero crollate le difese orientali della Cristianità e tutta l’Europa avrebbe corso il pericolo di una invasione musulmana.

Arcieri turchi a cavallo
Chi sono i Turchi Selgiuchidi? Nel X secolo il grande impero musulmano si era diviso in tre Stati indipendenti: il califfato di Cordoba, in Spagna, quello del Cairo, in Egitto, che comprendeva tutti i territori Africani e, infine, in Asia, il califfato di Baghdad. La sorte del califfato di Baghdad fu decisa dai Turchi, una popolazione nomade, originaria dell’Asia centrale. Muovendo di qui, nel VI secolo tribù turche erano penetrate ad est nelle regioni settentrionali dell’impero cinese; altre, invece si erano disseminate ad ovest, nelle terre attorno al Caspio e al Lago d’Aral. Altri Turchi ancora, appartenenti alla tribù dei Selgiuchidi, si erano insediati ai confini della Persia. Convertiti all’Islam, dopo aver per lungo tempo fornito truppe mercenarie ai califfi, nel 105 conquistarono Baghdad. Da questo momento accanto al califfo governerà un’altra figura, un capo turco con il titolo di sultano, che significa colui che ha il potere. In realtà i sultani, anche se si proclamavano fedeli difensori del califfo, furono i veri padroni dello stato.

I Turchi Selgiuchidi
Proprio mentre i Turchi Selgiuchidi si fanno sempre più pericolosi per l’Impero Bizantino, una controversia più aspra delle precedenti si era appena conclusa nel 1054 tra Chiesa orientale e Chiesa occidentale con un vero e proprio scisma. Questa separazione dura ancora ai nostri giorni.
Quando l’imperatore d’Oriente si rivolse ai principi d’Europa per ottenere aiuto contro i Turchi, la divisione fra i cristiani non sembrava destinata a durare a lungo. Nello stesso tempo anche Gerusalemme e tutta la Palestina cadde in mano ai Turchi ed in Occidente cominciarono a diffondersi dicerie, sperso inventate, sulla crudeltà dei nuovi conquistatori e sulle loro intenzioni di proibire ai pellegrini cristiani l’accesso ai luoghi resi santi dalla vita e dalla passione di Gesù, e soprattutto dal Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il successo dell’impresa avrebbe senza dubbio riconciliato cattolici e ortodossi e il prestigio della Chiesa di Roma si sarebbe grandemente accresciuto. Durante il concilio tenuto a Clermont, in Francia, nel novembre 1095, il papa diede il grande annuncio. Il testo del discorso da lui pronunciato non ci è mai giunto, ma lo storico francese Roberto il Monaco, che era presente a Clermont, cosi riferisce le parole del pontefice: Popolo dei Franchi… vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci ha condotto nelle vostre terre, quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci ha qui attratti. Da Gerusalemme e da Costantinopoli è giunta a noi una dolorosa notizia: i Turchi, gente tanto diversa da noi, popolo nemico di Dio, hanno invaso le terre di qui cristiani, le hanno devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne hanno in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne hanno uccisi e le chiese di Dio o hanno distrutte dalle fondamenta o hanno adibite al culto della propria religione…


Antoine Rivalz - Papa Urbano II
Il regno dei Greci è stato da loro già gravemente colpito. A chi tocca il compito di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi? Vi muovano ed incitino gli animi vostri ad azioni virili le gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo Magno e degli altri vostri sovrani che distrussero i regni dei pagani ed allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch’è in mano di una gente immonda, e i luoghi santi, che ora sono da essa posseduti… O soldati fortissimi, figli di padri invitti, non siate degeneri… Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del Santo Sepolcro, strappate quella terra a quella gente scellerate e sottomettetela a voi. Gerusalemme è l’ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte, quasi un altri paradiso di delizie […]. Quando andrete all’assalto dei bellicosi nemici, sia questo l’unanime grido di tutti i soldati di Dio: “Dio lo vuole! Dio lo vuole!” Chiunque vorrà compiere questo santo pellegrinaggio e ne avrà fatto promessa a Dio… porti sul suo petto il segno della croce del Signore; sarà così adempiuto il precetto che il Signore dà nel Vangelo; “Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non è degno di me”.


Gottschalk predica le Crociate

Nelle parole del pontefice noi troviamo spiegati in primo luogo i motivi religiosi, che dovevano spronare i Cristiani all’impresa: la necessità di aiutare i loro fratelli d’Oriente, minacciati dai Turchi. Viene, poi, indicata la méta ultima dell’impresa: la liberazione della sacra città di Gerusalemme. La guerra era giusta e santa e Dio avrebbe guidato chi combatteva in suo nome. A coloro che fossero partiti per la spedizione, il papa prometteva l’assoluzione dai peccati.

Come simbolo del carattere fondamentalmente religioso dell’impresa militare, ogni guerriero doveva portare sulle armi il segno della croce: una croce di stoffa rossa cucita sulla sopravveste. I guerrieri furono perciò chiamati Crociati, e Crociata la loro spedizione. In questo modo tutta l’impresa veniva posta sotto la direzione della Chiesa e Urbano II affermava ancora una volta energicamente il diritto della Chiesa di guidare le azioni dei potenti della terra e la supremazia del pontefice su tutti i principi laici. Ma Urbano II non trascurò di ricordare altri motivi non meno importanti di quelli religiosi. In Europa le risorse economiche, se pure erano in aumento, non sempre bastavano al nutrimento di una popolazione che andava rapidamente crescendo di numero. A questo fatto il pontefice allude con le parole “questa terra che voi abitate… è fatta angusta dalla vostra moltitudine… e appena somministra di che vivere a chi la coltiva”. La Palestina è presentata come una terra fertilissima, anzi un “Paradiso di delizie”, da conquistare in cambio delle povere terre d’Europa. La speranza di trovare oltremare terre e bottino, che il papa faceva balenare agli occhi di Cristiani, colpiva i cuori e l’immaginazione, poiché i pellegrini e i mercanti che ritornavano dall’oriente in Europa descrivevano con entusiasmo e invidia le favolose ricchezze di quei lontani paesi.


Mentre Pietro l’Eremita concludeva la sua sfortunata impresa, dalle città della Germania partivano disordinatamente altre bande, formate e guidate da avventurieri di ogni ceto. La maggior parte di loro non riuscì neppure ad attraversare il Danubio, perché il re d’Ungheria, pieno di collera per le loro ruberie e violenze, li sbaragliò. Ma intanto, in alcune delle maggiori città tedesche – Spira, Worms, Magonza, Ratisbona, Praga – essi avevano compiuto sanguinosi massacri di Ebrei. Come mai? Da secoli, dal 70 d.C. dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio le comunità ebraiche della diaspora si erano stabilite nell’Europa occidentale. Gli Ebrei mantenevano rapporti con i loro correligionari delle regioni arabe ed avevano una parte importante nel commercio fra paesi musulmani e cristiani. La religione cristiana proibiva l’usura, ossia di prestare denaro ad interesse; perciò furono gli Ebrei a fare nell’Occidente il mestiere digli usurai e molti di loro si arricchirono. Inoltre si trovavano tra gli ebrei degli ottimi ingegneri, medici, perché mediante le loro relazioni con l’Oriente musulmano, avevano potuto più facilmente apprendere le conoscenze degli Arabi, che, in questi campi, erano molto superiori a quelle degli Europei. Di rado gli Ebrei, nell’alto Medioevo, furono perseguitati. Vescovi e principi li proteggevano, perché li consideravano utili alla società e perché riscuotevano cospicue tasse dalle comunità ebraiche insediate nei loro territori. In un primo tempo la concessione di un ghetto da parte delle autorità cristiane fu considerata dagli stessi Ebrei come un privilegio. Del resto, nelle città medievali era costume che coloro che esercitavano la stessa professione vivessero nella stessa via o nella stessa località.

Domenico Paradisi - I crociati davanti a Gerusalemme
Gli Ebrei nel ghetto trovavano le condizioni migliori per eseguire i riti della loro religione, che esigevano una partecipazione collettiva, come per esempio, le preghiere nella sinagoga, che dovevano essere recitate in comune. D’altra parte essi esercitavano mestieri utili anche ai Cristiani: vendevano merci, prestavano denaro, curavano malattie, davano lavoro. L’istituzione del ghetto fu quindi vantaggiosa in un primo momento per entrambe le comunità: cristiani ed ebrei. Tuttavia i contadini e i cittadini più poveri, che avevano bisogno di denaro ed erano costretti a contrarre debiti con loro da alto interesse, provavano nei confronti degli Ebrei un risentimento profondo. La loro impopolarità aumentò quando anche feudatari e cavalieri ridotti in miseria furono costretti ad indebitarsi. La predicazione della Crociata convinse ingenti masse di Cristiani che uccidere gli infedeli fosse un’azione gradita a Dio e tra di loro non pochi pensavano che gli Ebrei erano altrettanto nemici di Dio dei Musulmani ed erano più vicini da raggiungere.

Il massacro degli Ebrei
miniatura medievale

Così l’odio religioso, reso più furibondo dai motivi economici di cui abbiamo parlato, si scatenò contro i ghetti degli Ebrei. Anche se sul momento principi e vescovi riuscirono a far cessare le stragi, gli Ebrei da allora cominciarono ad essere considerati dei nemici. Il ghetto divenne sempre di più un luogo nel quale delle persone pericolose erano segregate dal resto della popolazione, perché non potessero nuocere: esso era situato nella parte più malsana della città, cinto di mura e provvisto di porte, che venivano chiuse ogni notte e sbarrate con catene e serrature. Nessuno poteva entrarvi o uscirvi dal tramonto al levare del sole. La segregazione spinse gli abitanti del ghetto a rendere più stretti e profondi i vincoli religiosi e familiari che li legavano. Così riuscirono a difendersi meglio dall’ostilità che li circondava, che spesso si trasformava in persecuzione vera e propria. I Cristiani, in mezzo a cui essi vivevano, li sentirono ancora più estranei ed aumentò il malanimo tra le due comunità. Se il Vescovo di Spira, sul finire del secolo XI, riteneva che la comunità ebraica residente stabilmente nella sua città ne accrescesse l’onore, meno di due secoli dopo (1266) un sinodo ecclesiastico tenutosi nella città polacca di Breslavia cosi stabiliva: “Per evitare la possibilità che il popolo cristiano di Polonia sia infettato dalla superstizione de dai depravati costumi morali degli Ebrei che abitano in mezzo ad esso, comandiamo che gli Ebrei non vivano tra i Cristiani, ma abbiano le loro abitazioni vicine e prossime l’una all’altra in qualche parte segregata della città, di modo che la lo loro zona di abitazione sia separata dal luogo comune di abitazione dei Cristiani mediante una siepe, un muro o un fosso”.  

Pietro l'Eremita mostra ai crociati la via per Gerusalemme
Illustrazione tratta dal manoscritto pergamenaceo Roman du Chevalier du Cygne (1270 ca)

LA CROCIATA DEI POVERI

L'Armata dei Poveri era guidata da Pietro l'Eremita, predicatore popolare, che si era guadagnato questo nome per il fatto d'andare in giro in sella ad un umile asinello e coperto di stracci. Al grido di quello che diventò il suo motto: Deus le volt (Dio lo vuole) radunò intorno a se un esercito improbabile, formato da contadini, cavalieri senza alcuna risorsa economica e addirittura donne e bambini. E' facile immaginare il tragico epologo!

F. Hayez 1828 Pietro l'eremita predica la crociata
Altri scaglioni erano guidati da monaci, che predicavano l'Apocalisse.
Anch'essi senza nessun mezzo (sostenevano che la provvidenza avrebbe pensato a tutto e una cometa celeste indicata la strada) questo sciame scomposto attraversava i territori, spesso saccheggiandoli ed uccidendo chi si rifiutava di cibarli.



Asserivano che nulla poteva essere negato a chi serviva la Croce, rifiutare voleva dire andare contro il disegno divino e quindi doveva essere punito con la morte.
Non appena questo branco mise piede in Asia Minore, fu brutalmente sterminato dai turchi. Si salvarono in pochissimi, compreso Pietro l'Eremita, il quale, non contento di questa tragica prima spedizione, decise di prendere parte alla vera Prima Crociata, quella guidata da Goffredo di Buglione.

UNA CURIOSITA'

Nel 1099 iniziò a Trani la costruzione della cattedrale edificata in onore di S. Nicola il Pellegrino, un ragazzo greco di 18 anni, sbarcato per l'appunto a Trani nell'imminenza della sua morte. La storia ci racconta che dopo questo evento sarebbero avvenuti diversi miracoli, tanto che papa Urbano II si decise per la sua canonizzazione. La cattedrale è inserita nella lista delle "meraviglie italiane", e nel 2002 è stata proclamata dall'UNESCO "monumento messaggero di una cultura di pace".


GUERRA SANTA E TEOLOGIA CRISTIANA

Tutti noi sappiamo che Cristo fu un pacifico e predicò l'amore, la concordia e la non violenza. Chissà che avrebbe pensato delle Crociate! In realtà queste sono diventate, nell'immaginario collettivo, lo stereotipo del fanatismo e dell'intolleranza religiosa, senza dubbio uno dei più efferati crimini di cui la chiesa si sia mai macchiata.
Di sicuro c'è da sottolineare che i cristiani nelle terre islamiche erano costretti a diverse restrizioni religiose: non potevano suonare le campane, fare processioni, esporre icone o croci, non potevano costruire nuovi edifici di culto ne tantomeno tentare di convertire un musulmano. I cristiani erano soggetti anche a varie restrizioni giuridiche. Infatti dovevano pagare più tasse, non potevano prendere parte all'esercito ne aspirare a ricoprire le più importanti cariche politiche, non potevano testimoniare in tribunale contro un musulmano e dovevano indossare abiti distintivi.

Eugene Delacroix - L'entrata dei crociati a Costantinopoli
D'altro canto c'è da sottolineare che comunque le Crociate furono dei tentativi di riconquista dei territori in oriente occupati dai musulmani. Furono lotte cruente e brutali, durante le quali molti furono costretti alla conversione al cristianesimo, pena la morte. E' importante sottolineare che l'idea di riconquistare un territorio con la violenza in nome di Cristo è totalmente antibiblico. Molte vicissitudini avvenute durante le Guerre Sante furono completamente antietiche e contrarie a qualsiasi principio della fede cristiana.

S. FRANCESCO D'ASSISI E AL-MALIK AL-KAMIL

Ci riferiamo ora ad un episodio di confronto interreligioso fra cristianesimo e islam, che avvenne durante la Quinta Crociata.

Arnaldo Zocchi - S. Francesco parla al sultano d'Egitto al-Malik al-Kamil
Nel 1219 S. Francesco d'Assisi parte per andare a trovare il sultano al-Malik al-Kamil. L'incontro che ne scaturì non smette ancora di tormentare di domande teologi, filosofi e studiosi in generale: un atto d'audacia? La ricerca del martirio? La voglia del proselitismo o più semplicemente un dialogo interreligioso?
Il mero scopo dell'incontro doveva essere quello della conversione al cattolicesimo del sultano e di tutti i suoi soldati, o quantomeno la loro resa, per evitare inutili spargimenti di sangue.
Il sultano lo ascoltò per alcuni giorni, poi lo fece ricondurre nel campo dei crociati con un salvacondotto da usare per visitare la Palestina, avendo timore della conversione dei suoi.

Mazzucchelli Pier Francesco - S. Francesco e il sultano
Frutto di racconti del tutto inattendibili, non sappiamo dire con precisione se S. Francesco fu ricoperto di doni dal sultano o se subì violenze fisiche da parte dei suoi soldati. Ciò che possiamo affermare con certezza è che sostò a Damietta, fino alla presa della città. Successivamente, disgustato dalle violenze della battaglia, partì per la Siria, da qui alle volte dell'Italia. E fu proprio a Damietta che egli capì che una guerra per motivi religiosi non avrebbe mai portato ad un risultato positivo.



JUNO

TRAMA

Juno è una sedicenne che, dopo un rapporto sessuale con un suo compagno di scuola, Paulie, rimane incinta. Inizialmente è convinta per l'aborto, ma in seguito cambia idea e decide di partorire il suo bambino e di darlo in adozione ad una coppia benestante, Mark e Vanessa, che non può avere figli. I genitori l'appoggiano in questa scelta e il padre l'accompagna spesso dalla giovane coppia, ritratto apparente della perfezione. Ma non è tutto rose e fiori: l'uomo scappa dalla moglie perché non si sente pronto a diventare padre. Tutto ciò manda in crisi Juno, che capisce nel frattempo che Paulie è la persona giusta per lei, e che Vanessa è la mamma perfetta (anche se single) per il suo bambino


SCHEDA FILM


Regia: Jason Reitman
Interpreti: Ellen Page, Michael Cera, Jennifer Garner, Jason Bateman, J.K. Simmons, Allison Janney, Olivia Thirlby
Nazionalità: USA, 2007
Soggetto: Diablo Cody
Sceneggiatura: Diablo Cody
Musica: Matteo Messina
Durata: 92 minuti
SINOSSI

Juno non è semplicemente una pellicola, ma una lezione di vita. Basta pochissimo per innamorarsi di ogni singolo personaggio, che cattura e incolla allo schermo col sorriso dall'inizio alla fine del film. E' tenerissima l'immagine di Juno, sedicenne dalla lingua biforcuta e tagliente, che decisissima inizialmente per l'aborto, si persuade a portare avanti la gravidanza quando scopre che il suo bambino potrebbe già avere le unghie. C'è gioventù, c'è freschezza, c'è voglia di vivere nelle scene; è proprio questa la lezione di vita, la voglia di vivere. E man mano che il pancione cresce, i cambiamenti fisici di Juno rispecchiano la sua crescita interiore, alla fine riuscirà ad affrontare i suoi problemi con determinato coraggio, fresca maturità e con intelligente esuberanza. Diventare madre rappresenta una delle esperienze più profonde per una donna, e anche se Juno non lo voleva, nel momento in cui abbraccia il suo bambino, ogni dubbio e incertezza vengono dissolti.

ITINERARI DIDATTICI

  • In quale momento inizia la vita?
  • Come ti saresti comportato tu al posto di Juno?
  • Avresti scelto anche tu una famiglia per il tuo bambino o ti saresti comportato diversamente?
  • Perché?
  • Secondo te, è vero che ogni figlio ha il diritto di nascere accettato e amato dai genitori?
  • Cosa significa per te dare alla luce un bambino?